un Patto di vicinanza per Padova

IL PATTO DI VICINANZA                    

                             

  1. Premessa. La questione sicurezza.

La “questione sicurezza”, che ha percorso in questi anni alterne vicende, sta oggi attraversando una nuova fase di evidente rilevanza, sia nella particolare enfasi dei recenti provvedimenti normativi e del linguaggio politico e mediatico, sia, di riflesso, nella percezione pubblica.  Ma di che insicurezza si tratta? Questa semplice domanda non può che rivelare un’ urgente contraddizione.

Da un lato l’emergere, nel mondo in cui viviamo di crescenti preoccupazioni. Crisi economica, guerre, alterazioni climatiche, inquinamento, catastrofi “naturali”, terrorismo, instabilità politica, corruzione dilagante, per non citare che alcuni aspetti, determinano un clima di inquietudine che altera la nostra quotidianità. In esso si inseriscono i fattori di deterioramento concreto della nostra esistenza: calo del reddito e  crescente depauperamento, precarietà lavorativa e disoccupazione in aumento, crescenti pretese di prestazioni in ambito lavorativo e sociale, incertezza sulle prospettive future, congestione dei ritmi quotidiani e dei contesti metropolitani, degrado del territorio, alterazione e disgregazione, soprattutto, delle relazioni sociali e affettive, con conseguente isolamento, diffidenza, senso di solitudine.

D’altro lato questi disagi e paure vengono canalizzati contro figure emblematiche di soggetti negativi e pericolosi ( Immigrati, tossici, delinquenti, accattoni, marginali e perdenti di  ogni tipo), rappresentati come responsabili delle nostre insicurezze e del peggioramento di vita in corso. perciò oggetto di sfogo degli stessi. Così accade che di fronte a fatti di violenza, a comportamenti anomali e disturbanti, a fenomeni di inciviltà, a  presenze estranee, ai segni del disagio e della povertà, o a fatti delittuosi che ci riguardano direttamente o indirettamente, oggi soprattutto alla rappresentazione enfatizzata dell’invadenza dei flussi migratori, tutto ciò diventa la classica goccia che fa traboccare il vaso; qualcosa di insopportabile, che dà sfogo a tutto il nostro malessere, alle frustrazioni e alle ansie accumulate, contro qualcosa o contro qualcuno. Ma questa reazione, oltre a non affrontare i problemi alla loro radice e nella loro reale natura, e ad aumentare il clima di diffusa aggressività e incomunicabilità, non fa che aggravare la situazione e accrescere le sensazioni negative, secondo un circolo vizioso che non fa che amplificare il clima di disagio, di insicurezza, di isolamento, di disgregazione sociale Solo una piena consapevolezza dei motivi di questo “vivere male”, così come della reale natura e consistenza dei fenomeni di marginalità, può orientare ad atteggiamenti e soluzioni più adeguati.

E’ necessario partire dall’analisi delle cause più profonde e diffuse dei nostri insicurizzanti disagi, quelle che si radicano nel sostrato più profondo dell’organizzazione sociale, nelle deformazioni e nelle inadeguatezze del nostro sistema economico e politico, dove i problemi locali si inquadrano nella crisi globale. Ma soprattutto è necessario rifondare e costruire una nuova idea di sicurezza, costituita sulla conoscenza reciproca, sulla solidarietà, sullo sviluppo di nuove forme di partecipazione e di condivisione, sul rispetto e la fiducia reciproci, sul riconoscimento delle diversità, sulla collaborazione, sul sostegno ai soggetti più deboli, sull’assunzione e la gestione dei problemi comuni, sulla contrattazione verso chi ha il potere di decidere su questioni di interesse comune.

 In questo senso vanno evitate quelle forme di mobilitazione che, alimentando i pregiudizi, i sospetti e il clima di allarme sociale, riducono le istanze di partecipazione al semplice coinvolgimento in forme di vigilanza sul territorio e di denuncia alle FF OO di più o meno evidenti forme di illegalità e di inciviltà, distraendo l’attenzione dalle reali cause dei disagi condivisi e rafforzando i processi di emarginazione e di esclusione dei soggetti più deboli e disagiati.

 

  1. Il “Patto di Vicinanza”

E’ alla luce di questa lettura della realtà e di questo quadro analitico degli aspetti e dei contesti in cui si inquadra la “questione sicurezza” che intendiamo proporre una particolare forma di gestione della stessa, che denominiamo “Patto di Vicinanza”

Esso consiste in un processo di comunicazione e di aggregazione tra soggetti e nuclei che condividono una stessa struttura abitativa, o un’area limitata di territorio ( quartiere, zona, frazione, ecc…) che, acquisendo comune consapevolezza di problemi e disagi condivisi, giunga ad un accordo sulle modalità di gestione e di possibile soluzione degli stessi, all’insegna della collaborazione, dello scambio e della reciprocità.

 

Il patto di vicinanza si pone i seguenti obiettivi:

  • Lo sviluppo di relazioni collaborative e solidali come modalità stabile e acquisita di gestione dei rapporti e dei comportamenti quotidiani nell’area di riferimento, in quando espressione di una cultura condivisa ed aggregante
  • Implemento di partecipazione e solidarietà, sia come comune coinvolgimento nella segnalazione e gestione dei problemi comuni e dei servizi territoriali (istruzione, salute, mobilità, socialità, verde pubblico, tempo libero, ecc…), sia come espressione di solidarietà e di sostegno delle fasce disagiate.
  • Sviluppo di una cultura di reciprocità e mutualità, basata sullo scambio di prestazioni e di favori nella gestione di esigenze quotidiane (es. cura dei bambini e degli anziani, gestione di istanze domestiche, cura degli spazi comuni, ecc…)
  • Apertura a scambi culturali, orientati alla conoscenza reciproca e alla civile convivenza,  sia nella comune condivisione di occasioni informative e formative, sia nel confronto e nella comunicazione tra culture diverse, valorizzandone i rispettivi contenuti e prerogative.
  • Qualificazione delle attività di sussidiarietà nei settori di servizi, di assistenza alle fasce più vulnerabili, di protezione a risanamento ambientale, riferibili alle associazioni, al volontariato, alla pubblica partecipazione e mobilitazione, sia con percorsi formativi, che con forme di coordinamento programmatico e organizzativo.
  • Rilevazione e assunzione delle problematiche reali del territorio (infrastrutture, servizi, ambiente, manutenzione stradale, verde pubblico, marginalità e povertà, eccetera) al fine di attivare sollecitazioni e trattative verso le istituzioni e le autorità competenti.
  • Sviluppo di culture e pratiche di integrazione verso aree di soggetti deboli e di nuovo insediamento, al fine di prevenire pregiudizi e conflitti derivanti da luoghi comuni, così come dalla competizione attorno alla scarsità di mezzi e risorse, o da carenza di interventi pubblici adeguati, così come eventuali forme di devianza.,
  • Partecipazione nella gestione di risorse e servizi, al fine di ottimizzarne la qualità, incentivarne l’accessibilità e l’uso appropriato, prevenendo strumentalizzazioni e pratiche clientelari.

 

  1. Modalità e forme di intervento

  • Conoscenza reciproca tra gli abitanti dell’unità di riferimento (condominio, via, area, quartiere) e trattazione di tematiche condivise, anche con l’aiuto di ricercatori ed esperti
  • Collaborazione e scambio in istanze quotidiane (scambi di favori; assistenza a soggetti deboli; custodia, accompagnamento, assistenza dei bambini; attenzione e sostegno agli anziani, specie se soli;  condivisione delle problematiche giovanili; mobilità condivisa (car share); aiuto in pratiche e procedure istituzionali, ecc…)
  • Banca del tempo, come scambio di unità di tempo equivalenti, per esigenze rispettive e reciproche ( es. se do 10 ore del mio tempo per custodia bambini o assistenza di anziani, ho diritto a fruirne di  altrettante per esigenze simili o per sollievo da incombenze in vista di esigenze personali)
  • Socializzazione di alcuni servizi (lavanderia, stireria, piccola sartoria, piccole riparazioni e manutenzioni, scambio di libri e materiale visivo, cineteca, riciclaggio materiali e oggetti, smaltimento rifiuti)
  • Attenzione a conflitti interpersonali « a rischio» (es. conclamate tensioni familiari, compatibilità di esigenze e comportamenti in orari notturni) e a stati gravi di disagio e di marginalità, al fine di prevenire forme di devianza o esplosioni di violenza.
  • Socialità, incontri, feste, storia locale, scambi culturali, attività artistiche «dal basso» o di strada, sollecitazione della creatività, attività sportive di squadra e individuali, attività ludiche, sportive, turistiche, di hobbistica, di play time,  per tutte le età
  • Accoglienza dei «nuovi arrivati», rilevazione delle esigenze e delle urgenze, attivazione di contatti con le istituzioni competenti.
  • Intervento in situazioni di bisogno estremo e di marginalità, sollecitando le competenze più qualificate e adeguate

 

  1. Strumenti organizzativi.

  • Assemblee di condominio e di quartiere.
  • Consigli o gruppi di coordinamento per unità abitative, con cariche a rotazione
  • Comitati e gruppi di lavoro/intervento mono o pluri-tematici
  • Contatti e presenza nelle strutture partecipative di base ( Consulte territoriali, consigli scolastici, sanitari, assistenziali, consigli comunali, singoli assessorati, ecc…)
  • Sviluppo di ricerche e studi sulle varie problematiche territoriali, consultazione e intervento di esperti.
  • Corsi di formazione per settori di attività
  • Informazioni e aggiornamenti, elaborazione di progetti e programmazione
  • Informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica
  • Attivazione di centri e sportelli di ascolto per rilevazione di problematiche e bisogni,  mediazione sociale, assistenza psicologica e relazionale, riduzione del danno, assistenza alle vittime, giustizia di prossimità.

Definizione delle forme più adeguate, coerentemente a questa cornice di sfondo, di rapporto con la polizia municipale e con le varie istanze istituzionali,  nel quadro della definizione/ridefinizione delle rispettive competenze