RIPARTIAMO DA BAMBINI, BAMBINE, RAGAZZI, RAGAZZE

 

Nel corso dell’emergenza sanitaria i bambini, le bambine, i ragazzi e le ragazze sono usciti dal dibattito politico e dall’attenzione generale di pensiero e prospettiva. Il rischio sanitario è ancora alto, ma ciò non può diventare una giustificazione per relegare le giovani generazioni ai margini delle ripartenze. La questione non è SE e QUANDO far ripartire le scuole di ogni ordine e grado e tutti i servizi per l’infanzia (sulle tempistiche ci affidiamo agli esperti), ma COME garantire ai bambini e ai ragazzi il diritto fondamentale di continuare a crescere come persone attraverso esperienze educative e di socializzazione in sicurezza.

Il complesso contesto attuale pone un quesito: vogliamo davvero limitarci a riportare i bambini e i ragazzi a una scuola “dietro ai banchi”?

 

Questa emergenza ha con forza sottolineato nuove e vecchie necessità: di locali sanificati, di attenzione alla salute e alla sicurezza nei luoghi educativi, di numero di alunni per aula compatibile con gli spazi e con un’azione educativa e didattica efficace, di ambienti ridisegnati per educare e per stringere un nuovo rapporto con il fuori, con i territori.

Riavviare il lavoro senza pensare prima e contemporaneamente ai più giovani è una scelta che non ha permesso di “tenere dentro tutte e tutti”, di far sentire che nessuno veniva lasciato indietro. E così l’accudimento dei bambini rimasti a casa ricadrà sulle famiglie che, tra bonus babysitter, congedi parentali e nonni, dovranno operare scelte con il rischio concreto che un genitore resti a casa. Uno dei prevedibili effetti domino? Che il lavoro di cura ricada prevalentemente sulle donne, sacrificando il lavoro e i diritti acquisiti in decenni. È una visione privata dell’educazione, confinata tra le mura di casa, che rischia di accentuare gli effetti delle differenze sociali ed economiche anziché temperarli. L’educazione e la sanità sono beni pubblici che vanno di pari passo e che necessitano un radicale cambio di direzione: ora servono investimenti sostanziosi per affrontare in maniera adeguata l’emergenza e il lungo periodo post-emergenziale che seguirà.

A questo si aggiunge la confusione della Regione Veneto: da un lato spinge per la sostanziale riapertura di nidi e scuole dell’infanzia non statali – senza essersi pronunciata sulla salvaguardia della salute del personale e dei bambini, e dall’altro ipotizza di non voler ripartire con tutte le scuole neppure ai primi di settembre per non danneggiare il turismo, mettendo ancora una volta in secondo piano le esigenze di infanzia e adolescenza rispetto all’economia generale.

È ora che le agende politiche mettano infanzia e adolescenza ai primi posti, con investimenti sostanziali su istruzione, sociale, edilizia scolastica ed educativa, sostenendo professionisti della scuola e del sociale, enti locali, agenzie educative e formative per riaccogliere le giovani generazioni come meritano.