Il Parere di Umberto Curi sui Risultati dell’11 Giugno

Ricordate la parabola evangelica della pagliuzza e della trave? Ben si applica alla grande maggioranza dei  commenti che hanno accompagnato l’esito della consultazione amministrativa di domenica scorsa. Tutti – o quasi – propensi a valorizzare la pagliuzza dei decimi di percentuale in più o in meno per questo o quel partito, mentre a quasi nessuno è venuto in mente di occuparsi di una vera e propria trave, costituita dal fenomeno delle liste civiche. Per limitarsi al Veneto, ciò che è accaduto a Verona e a Padova – se appropriatamente interpretato – esprime una novità politica potenzialmente dirompente, certamente assai più significativa della contesa fra due coalizioni ben lontane dall’uscita dalla crisi, quali sono quelle di centrosinistra e di centrodestra.

A conferma della peculiarità del fenomeno, si può notare che le liste civiche che si sono imposte nelle due città venete appartengono a “campi” politici diversi, e per certi aspetti opposti. Nella città scaligera il civismo in gara a sostegno di Patrizia Bisinella ha raccolto un’area vagamente centrista, con alcune accentuazioni liberali, mentre a Padova la Coalizione che ha espresso Arturo Lorenzoni si è più spiccatamente connotata per il riferimento a idee e valori della sinistra. In entrambi i casi, il bottino elettorale è stato perfino stupefacente. Raccogliere circa il 23% dei consensi senza una struttura organizzativa alle spalle, investendo risorse limitate, nettamente inferiori alle disponibilità delle altre forze politiche, puntando esclusivamente sulla generosa attività di alcune decine di volontari, riuscendo ad affermarsi in una contesa che ha visto un’amplissima offerta elettorale, è un dato che nessuno avrebbe previsto alla vigilia del voto, e che esige di essere attentamente valutato. La strada migliore sulla quale incamminarsi è quella del confronto con la vera e propria debacle a cui è andato incontro il Movimento Cinquestelle.

Pur senza la necessità di ipotizzare una diretta trasmigrazione di voti, è evidente la connessione fra il successo delle liste civiche e la crisi della formazione guidata da Grillo. In termini inevitabilmente schematici, si può dire che nelle liste come quelle di Bisinella e di Lorenzoni si è riconosciuto un elettorato indisponibile ad accordare credito ai partiti tradizionali, ma insieme anche privo della carica di radicalismo estremistico, ai limiti dell’eversione, che caratterizza invece la variante pentastellata dell’antipolitica.  Quel 23% è costituito da cittadini certamente nauseati dal logoro teatrino della politica, ma insieme anche orientati a ricostruire, in forme del tutto nuove, un inedito rapporto fra società civile e sistema politico.

Per dirla in grande sintesi: un movimento che non si limita a dire “Vaffa”, restandosene poi pervicacemente barricato in una presunta diversità, senza assumersi alcuna diretta responsabilità di governo, e che invece punta a  un modo davvero nuovo di concepire e realizzare l’amministrazione di una città. E’ ovviamente ancora troppo presto per trarre conclusioni che potrebbero rivelarsi affrettate ed erronee di qui a pochi mesi. Ma sarebbe non meno sbagliato chiudere gli occhi rispetto a novità che non sembrano essere effimere. Con tutta la prudenza del caso, è possibile che l’11 giugno sia in futuro ricordato come l’alba di una tanto attesa rigenerazione complessiva della politica nel nostro paese.