L’Opinione di Umberto Curi sul Risultato Elettorale

E’ possibile parlare di ciò che è accaduto a Padova domenica scorsa come di un “caso”, degno di particolare attenzione, anche e soprattutto in vista di una proiezione nazionale? O dobbiamo invece accontentarci di registrare la prevedibilissima e “fisiologica” sconfitta del PD, sonoramente battuto da un centrodestra rivitalizzato principalmente da Salvini? Quale è il dato politico più significativo della recente tornata elettorale: l’ennesima dimostrazione dell’avvitamento su se stesso del renzismo, o l’emergenza incontestabile di un fenomeno per molti aspetti inedito? Vediamo.

Nel voto amministrativo di Padova si sono registrati due aspetti nuovi, fra loro strettamente connessi. Da un lato, una partecipazione al voto che – fenomeno unico in Italia – è rimasta molto vicina alla percentuale del primo turno. Dall’altro lato, la vittoria di un’alleanza di forze irriducibile a quella formula tradizionale del centrosinistra che è risultata sonoramente battuta altrove. Per la prima volta nella recente storia politica, il capoluogo euganeo ha visto la realizzazione di un’esperienza fortemente innovativa, per quanto riguarda i soggetti, il metodo e i contenuti della proposta. Nuovi, totalmente o parzialmente, i soggetti, costituiti da un lato da un Partito democratico non settario ed autoreferenziale, e dall’altro lato da una coalizione civica mille miglia lontana dagli sbiaditi travestimenti pseudocivici di tante liste fiorite un po’ dappertutto. Nuovo il metodo, per l’affermarsi di una procedura davvero trasparente nel processo di costruzione dell’alleanza. E nuovi i contenuti, per l’imporsi di alcune fondamentali parole d’ordine, quasi sempre scomparse dall’agenda politica (ambiente, consumo del suolo, sociale, quartieri, ecc.). Il tutto, tenuto insieme da una piattaforma elettorale chiara e priva di ambiguità, dove il cemento è stato l’impegno coerente e condiviso ad evitare il ritorno del sindaco leghista, riportando la città al livello della sua tradizione culturale e della sua dignità civile. Semplice e chiaro. Niente inciuci, nessuna manovra trasversale, nessun patto scellerato, ma invece una proposta politica limpida e facilmente comunicabile, capace di rimotivare anche una partecipazione che ormai da anni era avviata verso un’apparentemente inesorabile involuzione. In molte occasioni, nel corso degli ultimi quaranta o cinquant’anni, Padova è stata un laboratorio politico, una fucina nella quale si collaudavano nuove forme e modalità della politica, nel bene e nel male. Lo è stata nella stagione degli anni di piombo, quando proprio nella città del Santo prendevano forma  le prime manifestazioni del terrorismo nero e gli ambigui connubi con la lotta armata di estrema sinistra. Lo è stata alla fine degli anni ottanta, con le prime esperienze a livello municipale di alleanza fra centro e sinistra. Lo è stata all’inizio del terzo millennio, con l’anomalia di amministrazioni comunali di ispirazione ulivista in un contesto regionale dominato da una maggioranza schiacciante di centrodestra. Questa importante immagine di laboratorio politico può oggi essere rilanciata, alla luce dei recenti risultati elettorali, con l’aggiunta di una possibile funzione nazionale, come anticipo su processi che altrove si sono appena abbozzati. E’ un patrimonio prezioso, potenzialmente capace di attivare il risanamento e la rigenerazione dell’intero sistema politico. Un’opportunità forse irripetibile, che non deve essere sprecata.