Rispetto al momento della scrittura del programma, che trovate integralmente e come presentato cliccando sul bottone “integrale”, il quadro giuridico nazionale è profondamente mutato, in peggio. Non è stato quindi per esempio possibile trasformare tutte le accoglienze da CAS a SPRAR, come da punto centrale del programma accoglienza, perché lo strumento SPRAR è stato archiviato dalle Leggi Salvini
In questo quadro difficile, l’attività del gruppo si è concentrata su alcune delle azioni immaginate.
- Nonostante le leggi Salvini, si è costruito a Padova uno SPRAR minori, ovvero un SIPROIMI.
- In tema di accoglienza, è stato portato a termine un lungo percorso di consulenza giuridica e pressione politica, che ha portato al riconoscimento della residenza ad un titolare di permesso umanitario (uno dei quattro comuni in tutta Italia)
- Si è messo un campo un progetto di inserimento lavorativo utile a superare una delle strettoie della legge Salvini, che rendeva quasi impossibile la conversione da permesso umanitario a permesso per lavoro.
- Si sono messe in campo molteplici iniziative di informazione e formazione, in particolare, in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti, rivolte agli operatori della stampa locale
In questi mesi, il gruppo si sta dedicando al tema della Commissione degli Stranieri.
Programma integrale “Politiche di cittadinanza”
La presenza di persone di origine straniera residenti a Padova è molto ampia: si tratta di più di 33.000 persone su 210.000 abitanti. Almeno altri 1500 sono presenti sul territorio, pur non avendo la residenza.
E’ più del 15% della popolazione, in gran parte in città da anni. E che in grande maggioranza, non hanno accesso al voto e quindi alla possibilità di essere rappresentati ( L’Italia è l’unico grande paese europeo assieme alla Grecia a non prevedere il diritto di voto amministrativo per gli stranieri lungo soggiornanti.). Non si tratta più semplicemente di migrazioni – che continuano ad avvenire, e di cui continuare a discutere – ma di una quota di popolazione fondamentale alla vita economica e civile di Padova, assieme ai quali e per i quali costruire politiche di cittadinanza.
Abbiamo sviluppato questo tema in collegamento con molti degli altri gruppi- dato che in ultima analisi sono politiche del lavoro, della scuola, della cultura, della casa, eccetera con l’ottica di allargare il più possibile i diritti reali di cittadinanza a chi cittadino, in senso giuridico, non è.
Tre sottoambiti di lavoro:
- Politiche per le fasce deboli
- Politiche di cittadinanza propriamente dette;
- Azioni di formazione ed informazione
A. Politiche per le fasce deboli
Il tema si sovrappone al terreno di lavoro del gruppo Sociale; le abbiamo trattate sotto il profilo della presenza sul territorio comunale di persone che alla marginalità sociale subiscono uno status di irregolarità giuridica.
1. Politiche scolastiche
Il Comune agisce affinché l’iscrizione dei figli a scuola sia sganciata dallo status dei genitori. Il tema è previsto nella Legge Regionale, ma necessità di uno sforzo di applicazione, per esempio garantendo l’automatismo del passaggio da un ciclo di studi all’altro: ora capita che se un bambino passa dalle elementari alle medie, la scuola chieda nuovamente il permesso di soggiorno dei genitori.
2. Politiche per la casa.
Oltre ai temi già trattati nel gruppo Sociale, a cui si rimanda, si propone il ripristino degli affitti con mediazione e garanzia comunale, con costi calmierati per il conduttore e sconto ICI per il locatario, e contributo comunale in caso di pagamento parziale.
3. Percorsi di reinserimento sociale per gli ex carcerati di origine straniera
Tavoli di mediazione per accompagnare il reinserimento lavorativo di ex carcerati. Bandi ad hoc (non riservato alla categoria di lavoratore, ma alla categoria di progetto)
4. Assistenza sanitaria (con gruppo Sanità)
Ambulatorio per persone in condizione di irregolarità (e non solo), in cui sia chiara una *garanzia* informale di non essere perseguiti. Sul modello dell’ambulatorio di via Duprè a PD in cui gli spazi sono contributo comunale), ambulatorio dedicato, con mediatori come parte integrante dello staff. Coinvolgimento di ASL e di volontari ed associazioni.
Buona pratica: “Servizio accoglienza cittadini extracomunitari”, ASP Palermo. (Si chiama proprio così, anche se programmaticamente rivolto a non cittadini). Quattro mediatori (turni a rotazione), assistente sociale, quattro medici specialistici. Importante la presenza di una ginecologa. Visite ed orientamento al resto dei servizi del SSN. Promozione di un gruppo ad hoc di assistenza psichiatrica - con competenze in etnopsichiatria- a partire dai tre servizi presenti (gruppo Sanità).
Un primo luogo possibile potrebbe essere l’ex sede della polizia in via D’Avanzo, dietro la stazione; partire da quello (anche come strumento di centralizzazione servizi già esistenti) con prospettiva di aprirne anche altri.
5. Co-housing “di scambio” fra persone fra persone in situazioni di fragilità (anzianità, disabilità fisica o psichica) e persone con bisogno abitativo. (Non necessariamente di origine straniera).
6. Co-housing “di collaborazione” fra studenti e richiedenti asilo, reperendo immobili del patrimonio ERP a canoni agevolati.
7. mettere in atto azioni volte all’empowerment femminile, soprattutto di origine straniera ma non solo, in quanto le donne sono i soggetti maggiormente colpiti dall’emarginazione sociale
B. Politiche di cittadinanza
8. creare uno specifico settore comunale preposto alle politiche di cittadinanza
9. Aprire fuori dal centro cittadino tre case di quartiere
Sul modello già sperimentato da anni in molte città (ad es.Torino) intendiamo aprire centri polifunzionali, contenitori di molteplici progettualità dove le persone possono incontrarsi, ricevere dei servizi e organizzare attività
10. Ripristino della figura dei mediatori
E’ necessario e urgente ripristinare le figure dei mediatori che assumeranno ruoli diversi a seconda dell’ambito a cui verranno assegnati: linguistico-culturale nelle scuole per facilitare i bambini, i genitori e gli insegnanti coinvolti nel progetto formativo; medico-infermieristico per garantire una migliore fruizione dei servizi sanitari; di strada per segnalare problemi e criticità; di quartiere per favorire la partecipazione attiva alla vita del rione.
I mediatori sono assunti dal Comune, sono selezionati da una commissione di valutazione formata da Università, comune, cooperative, sulla base di criteri chiari, a partire da una profonda ed autentica conoscenza della lingua, ed adeguatamente formati. Viene istituito un registro del comune a disposizione di chi ne abbia bisogno, con possibilità di articolare l’offerta in base ai servizi richiesti. Questo elenco deve essere messi a disposizione di tutti coloro che operano in città come era stato fatto proficuamente in passato. Vengono individuati alcuni servizi in cui la presenza del mediatore è fissa (cfr. ambulatorio, punto 4).
SPRAR è un modo di co-finanziare la sostenibilità di figure di mediatori. La possibilità per un mediatore di lavorare dentro SPRAR e nella città potenzia le sue capacità di accompagnamento all’uscita dalle accoglienze.
Mediatore linguistico-culturale di strada
Mediatori che lavorano in riferimento ad una zona specifica e sono riconoscibili e coordinati. Rispetto all’esperienza precedente già fatta in tale ambito, è importante prevedere anche lavoro serale/notturno. Non fanno solo raccolta e trasmissione di segnalazioni ma hanno strumenti concreti di mediazione e devono concretamente agire (altrimenti c’è il rischio, segnalato da un ex mediatore di strada presente all’incontro, di essere testimoni di problemi che non sono in grado di risolvere e di essere vissuti come spie).
11. Commissione stranieri e forme innovative di rappresentanza
Intendiamo immaginare e proporre forme innovative di rappresentanza istituzionale dei cittadini stranieri, a partire dall’esperienza dell'ex Commissione stranieri, cancellata dall’ultima Amministrazione, individuando gli strumenti per renderne l’azione più concreta ed incisiva. Ciò anche per dare giusta rappresentanza a chi, per ritardo italiano, non ha ancora diritto di voto. La Commissione non ha il solo mandato di parlare dei temi o dei problemi “da stranieri“. A partire dall’esperienza passata, è necessario comunicare chiaramente al corpo elettorale il ruolo ed i limiti d’azione degli eletti nonché Individuare con chiarezza forme concrete per dargli un ruolo ulteriore rispetto a quello consultivo (nel quadro del generale riassetto della città, cfr. gruppo partecipazione)
12. Ripristinare la cerimonia di benvenuto dei nuovi arrivati in città (non solo di origine straniera) con la consegna della Costituzione e dello Statuto comunale.
13. Riapertura dello Sportello CISI (Centro info servizi immigrati). Ovvero uno sportello unico per tutte le pratiche che riguardino l’immigrazione, coordinato con gli altri enti che si occupano della questione (Questura, Prefettura, ASL) con il duplice scopo di garantire il mantenimento della condizione di immigrati regolari per chi ne ha diritto e di liberare risorse di personale di pubblica sicurezza da destinare al contrasto della criminalità e della corruzione
14. Patto di convivenza
Stesura e stipula di “patti di convivenza”: elementi concreti - pattizi di incontro fra condomini/vicini di rione/quartiere/città intera. (Indipendentemente da origine nazionale e dalla barriera italiani/straniero), quindi a partire da una dimensione micro (dal condominio al rione al quartiere). Con lo scopo di superare barriere relazionali e recuperare la piacevolezza della convivenza e della prossimità, in direzione di un’idea di lealtà al posto in cui si vive; di rendere condivisa l’idea di convivenza, riconducendo l’idea ad un modello di città su cui si converge.
Concretamente, un percorso che parta dal lancio – formalizzato- di assemblee di rione, di emersione e discussione dei conflitti/degrado e con una posta in gioco (ovvero una possibilità effettiva di agire: per esempio dei fondi da poter spendere).
Le assemblee devono avere dei luoghi fisici di riferimento. Le assemblee sono facilitate da *mediatori naturali* (chi su area di via o di rione ha già un ruolo riconosciuto di cerniera e di relazione; da individuare e motivare con in lavoro sul territorio), ed anche da mediatori interculturali assunti.
15. Progetto GARANTI: strumento di garanzia dei comportamenti etici dell’amministrazione e per la tutela delle minoranze. Attivazione di un ufficio dei garanti (uno per ogni fascia debole).
16. riqualificare gli spazi verdi e residuali di ogni rione per garantirne un uso collettivo, rendendoli così luoghi di socialità sottratti al vero degrado urbano
C. Azioni di formazione ed informazione
Nessuna delle cose previste nel programma può funzionare senza un percorso accompagnatorio di eventi artistici, culturali, informativi anche al di fuori della modalità di soluzione amministrativa dei problemi, che siano momenti di informazione e soprattutto di incontro, e che vedano autoctoni e stranieri protagonisti assieme nello spazio pubblico.
17. Aprire un Centro Interculturale
Creare per la prima volta a Padova uno spazio di incontro e di socializzazione, aperto ovviamente a tutti -italiani e stranieri- al fine di creare dialogo e coesione sociale, di ospitare laboratori creativi ed eventi artistici, di offrire opportunità di formazione interculturale e di contrasto agli stereotipi e ai pregiudizi
18. Stampa Locale
Il Comune, in collaborazione con l’associazione Carta di Roma, organizza un corso di aggiornamento per giornalisti sul protocollo deontologico per una informazione corretta sui temi dell’immigrazione (CNOG e FNSI, 2011)
19. Proposta di un mezzo di informazione aperto e specifico di iniziativa comunale - non necessariamente offline - che dia spazio a racconti al di là di provenienza, come spazio di protagonismo migrante. In generale, aprire questo spazio di comunicazione e protagonismo in tutte le forme di comunicazioni che il comune già dissemina nel territorio (da Padovanet in giù)
20. Proporre un percorso educativo ai temi dell’accoglienza e dell’intercultura rivolto alla cittadinanza ed alle scuole secondarie di primo e secondo grado (gruppo Welfare educativo)
21. Lotta al razzismo e alla discriminazione Lancio e ricerca di un protocollo d’intesa con giuristi democratici ed ASGI per rendere effettiva la legge 25 giugno 1993, n.205 (azioni di odio, intolleranza, discriminazione), anche in accordo con lo sportello antirazzista già presente presso Caritas e presso Questura.
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POLITICHE DELL'ACCOGLIENZA
La gran parte delle questioni derivante dalla presenza in città di un’ampia fetta di popolazione di origine straniera in un quadro normativo di discriminazione giuridica viene trattata come “Politiche della cittadinanza“
Il tema dell’accoglienza è trattato separatamente perché la legge dà la possibilità alle Amministrazioni locali di svolgere un ruolo di protagonismo nei percorsi di prima e seconda accoglienza e di integrazione di chi arriva in Italia chiedendo asilo - a patto che tale protagonismo sia volontario. L’alternativa è nei sistemi coattivi in capo alle Prefetture, i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria).
Non scriveremo, a differenza di altri, che bloccheremo l’immigrazione. Anche posto che sia un obiettivo desiderabile, un sindaco, semplicemente, non può farlo. Un sindaco può però scegliere gli strumenti reali di possibile gestione democratica del fenomeno.
Non useremo la facile retorica del noi contro loro, che non porta ad alcuna soluzione, e che crea mostri. L’accoglienza dei “profughi” va realizzata con buon senso, senza strumentalizzazioni né sprechi, senza che il problema venga scaricato sui residenti, creando disagi facilmente evitabili per lucrare qualche voto e cavalcandolo per creare ad arte capri espiatori di un malessere sociale reale.
Tutti gli enti locali sono chiamati a fare la propria parte se vogliamo evitare concentrazioni in ghetti malgestiti e nelle realtà maggiormente urbanizzate.
L’accoglienza dei richiedenti asilo deve diventare una parte necessaria ed integrante del welfare pubblico. E’ un presidio minimo di civiltà, e può diventare un motore di crescita e di sviluppo; in termini diretti con la gestione pubblica delle risorse economiche, ed in termini indiretti, per le potenzialità di generare nuova economia, relazionale e cooperativa, e nuova società, aperta ed inclusiva.
Per tutte le accoglienze presenti sul territorio, il Comune mette in campo azioni di ascolto, condivisione e confronto con gli abitanti per verificare la situazione, i percorsi in atto ed attiva mediazione condominiale e territoriale.
Tre sono le linee guida:
- superare l’approccio emergenziale, quello dei mega-campi disumani, inutili e conflittuali, dannoso per tutti coloro che lo subiscono: richiedenti asilo in primis, cittadini in generale.
- riportare la centralità delle decisioni e del coordinamento al Comune, superando la necessità delle dinamiche coattive delle prefetture
- costruire un progetto integrato di lungo periodo, a regia comunale, sostenibile e non assistenziale, nel quale l’accoglienza sia una degli elementi ma che si allarghi alle politiche dei servizi, della casa, a politiche per anziani e disabili mentali ed in generale a percorsi di creatività e di inclusione sociale.
Articoliamo la proposta nei seguenti punti.
1) Impegneremo il Comune di Padova ad aderire al prossimo bando SPRAR, con consistente aumento del numero di posti e degli enti attuatori coinvolti.
SPRAR (Servizio di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) è il nome di una delle possibilità di accoglienza in Italia per richiedenti asilo. E' coordinata a livello nazionale, ma si basa sulla libera ed autonoma adesione dei Comuni. Aderiscono oltre 1000 comuni italiani. I richiedenti asilo sono ospitati in strutture piccole all'interno del tessuto sociale delle città e dei paesi. In questo modo nel 2016 i progetti SPRAR hanno accolto più di 26.000 richiedenti asilo e rifugiati, dando loro gli strumenti per integrarsi nella comunità anziché essere confinati in zone d’ombra e dando lavoro a quasi 2000 operatori psico-sociali, mediatori culturali e assistenti legali
I progetti SPRAR mantengono la responsabilità a livello di un ente elettivo, sottoposto al controllo democratico, e non alle Prefetture; permettono programmazione (sono percorsi triennali e rinnovabili), monitoraggio (sia locale che nazionale) e rendicontazione (a differenza di molti progetti in quadro emergenziale, i CAS)
Lo SPRAR è uno strumento, da valorizzare in quanto si inserisce nell'orizzonte complessivo di un'accoglienza che allo stesso tempo sappia garantire maggiormente la dignità delle persone, i percorsi di integrazione in luogo di ghetti disumani e pericolosi, la valorizzazione e responsabilità dell'ente locale e delle istituzioni rappresentative.
SPRAR deve integrarsi con il resto del welfare pubblico. I Servizi Sociali si rendono disponibili fin dall’inizio del percorso di accoglienza ad accompagnare l’uscita da SPRAR; SPRAR cofinanzia dei percorsi di lavoro che s’incrociano con il Sociale. (P.e, nei percorsi di co-housing, gli affitti, la formazione, parte del lavoro degli operatori sono coperti da fondi SPRAR
Tempi previsti: presentazione di almeno il 50% dei posti previsti per la scadenza del 30 settembre 2017. Arrivare a regime dei due anni successivi.
2) In conseguenza del primo punto, impegneremo il Comune ad ottenere una graduale dismissione dei posti previsti in ambito CAS fino alla chiusura sul territorio cittadino.
I Centri di Accoglienza Straordinaria sono imposti coattivamente al territorio: il Prefetto, in virtù dei poteri centralmente attribuitegli e nella necessità contingente di gestire una situazione di emergenza, affida a singole cooperative un ampio numero di richiedenti asilo. Manca spesso la trasparenza sul bando, e mancano completamente gli strumenti per effettuare una qualsiasi forma di monitoraggio. La rendicontazione, sostanzialmente, non è richiesta. Se alcune cooperative, pure in quadro CAS, cercano di agire virtuosamente, preferendo situazioni di micro-accoglienza e cercando di aderire alle linee guida SPRAR, non si può negare la presenza sul territorio di fenomeni di concentrazione imprenditoriale e business e di assoluta inefficacia dei percorsi di integrazione, con la concentrazione dei richiedenti asilo in mega-campi dove le condizioni sono disumane ed inaccettabili, e conseguenza pressoché automatica è il conflitto con i territori, con la creazione di situazioni di disagio anche per i residenti. I casi di Cona e Bagnoli non necessitano di ulteriori spiegazioni.
Ulteriore conseguenza dell’approccio emergenziale è intrappolare i sindaci e gli amministratori del territorio in una posizione obbligata di opposizione alla presenza dei campi, che coltiva il razzismo diffuso.
Come mostrano esperienze virtuose in altri luoghi (dalla Val Susa alla Valdelsa), e come da esplicite politiche ministeriali, l’adesione al sistema SPRAR è una modalità efficace per governare dai territori, in un primo momento, e di evitare, in un secondo momento, assegnazioni coattive di quote di accoglienza nel quadro emergenziale CAS
Tempi previsti: in capo a 3 anni, nessun nuovo CAS sul territorio. Ospiti dei CAS attuali ad esaurimento.
3) Nel frattempo, impegnare il Comune a promuovere in Prefettura un tavolo di monitoraggio e coordinamento quanto più vincolante possibile nei confronti delle cooperative che gestiscono CAS (anche per utilizzare la leva del maggior numero di ospiti per protocolli d’intesa con organismi consortili: confindustria, confcommercio, ecc. da trasferire poi alle nuove accoglienze) in cui concertare politiche di accoglienza e monitorare standard minimi. In sede di Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, ridisegnare, di concerto con il Prefetto, i bandi CAS del periodo di transizione ponendo un limite numerico di ospiti (massimo 40).
Questo tavolo si occupa anche di coordinare uno screening delle competenze degli ospiti delle accoglienze, aspetto spesso trascurato in ambito CAS, e di promuovere un’inchiesta sull’impatto economico territoriale delle accoglienze.
Il tavolo di monitoraggio e coordinamento dovrebbe allargarsi anche a CAS presenti in provincia di Padova.
4) Di concerto con la Provincia, il Comune si farà promotore di un tavolo di concertazione e cogestione del fenomeno, nei termini sopra esposti, con gli altri Comuni della provincia. Queste azioni hanno senso solo su scala sovracomunale; ed accoglienza diffusa significa molti attori che la praticano, e non solo il Comune di Padova.
Buone pratiche: i Comuni del circondario Empolese-Valdelsa hanno stipulato un protocollo d’intesa con la Prefettura di Firenze. http://bit.ly/Valdelsa
I comuni della Val Susa, impegnandosi ad accogliere più di un centinaio di persone, hanno ottenuto: di avere l’ultima parola per quanto riguarda la distribuzione nel territorio (proporzionale al numero degli abitanti dei singoli paesi) e di essere esclusi da futuri bandi della Prefettura di Torino (in ambito CAS) http://bit.ly/Valsusa
5) Per tutte le accoglienze presenti sul territorio, il Comune immagina azioni di ascolto, condivisione e confronto con gli abitanti, in particolare quelli che si trovano coinvolti nelle politiche di accoglienza (magari perché abitano vicino o nel quartiere in cui ci sono appartamenti o centri di accoglienza) per verificare la situazione, i percorsi in atto, il modo in cui i servizi del Comune sono attivi o possono esserlo maggiormente; attiva o fa attivare agli enti appaltatori percorsi di mediazione condominiale e territoriale.
Il tema si inserisce nel generale impianto di mediazione del programma compessivo e del programma di cittadinanza
6) Oltre ai tavoli presenti nel primo punto, il Comune attiva e facilita un tavolo di coordinamento con tutte le realtà formali ed informali (cooperative, associazioni, volontariato etc.) che stanno costruendo o potrebbero costruire percorsi di accoglienza o di allargamento e potenziamento dell’impatto territoriale virtuoso della presenza di richiedenti asilo e rifugiati.
Con strumenti da identificare, delega a questo tavolo poteri di indirizzo, proposta e monitoraggio nell’ambito.
7) Nel quadro della sua partecipazione alla Commissione Territoriale per il riconoscimento del diritto d’asilo, il rappresentante dell’Amministrazione locale fa pressione per aver mediatori in grado di svolgere efficacemente il compito (in collegamento all’albo di cui alle Politiche di Cittadinanza [link]). Spinge per far accedere l’intera Commissione a dei percorsi di formazione da parte dell’Università.
8) Il Comune promuove formazione e capacitazione negli uffici comunali interessati (dall’anagrafe in poi) a trattare con gli ospiti delle accoglienze (soprattutto in riferimento ad un quadro giuridico spesso esoterico). Più coinvolgimento e buona programmazione e più risultati si otterranno in termini di efficienza ed efficacia. Questa misura si integra ma non sostituisce la proposta di riattivazione del CISI di cui alle Politiche di Cittadinanza
9) Il Comune affronterà la sempre più grave questione della tratta, replicando il progetto del Comune di Venezia (che dal 1999 è capofila di progetti di assistenza alle vittime di tratta e grave sfruttamento con programmi di emersione, assistenza ed integrazione sociale e che dal 2000 gestisce il numero verde nazionale in aiuto alle vittime di tratta)
10) Il Comune sosterrà forme di cohousing tra studenti e richiedenti asilo nell’ambito dei progetti SPRAR di micro-accoglienza, impegnandosi a fornire, a canoni agevolati, immobili del patrimonio ERP. Il Comune si impegna quindi a dialogare con gli operatori di settore, con le figure professionali coinvolte e con l’Università al fine di avviare percorsi di incontro e dialogo con le realtà di quartiere in cui i progetti di coabitazione sono inseriti.
Lo scopo è di garantire un’accoglienza adeguata, che incoraggi l’autonomia e l’integrazione dei richiedenti asilo favorendo il contatto interculturale con azioni mirate ad aumentare la coesione sociale.
11) Il Comune farà pressione politica in tutte le sedi (ANCI, Parlamento, Prefettura e Questura) per portare la voce del territorio in sede di elaborazione delle leggi e dei regolamenti sulle migrazioni.
Per contattare la persona responsabile del gruppo di lavoro compila i campi qui sotto, verrai ricontattato al più presto.