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Sul decreto 20/2023, che non chiameremo decreto Cutro, per rispetto delle centinaia di uomini, donne, bambini e bambine annegati in queste ultime settimane nel mediterraneo, ed in particolare sull’abolizione della protezione speciale, stiamo assistendo ad una nuova puntata della telenovela del marketing elettorale continuo e della crudele inutilità delle politiche italiane sull’immigrazione.
La protezione speciale è una delle risposte possibili a chi arriva in Italia richiedendo protezione internazionale, oltre al diritto d’asilo ed alla protezione sussidiaria. Viene riconosciuta a chi, in caso di espulsione, rischierebbe la vita nel paese d’origine; a chi nel nostro paese ha relazioni familiari (art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti Umani); o ha maturato un inserimento sociale e lavorativo che, paragonato alle condizioni del paese di provenienza, sarebbe irraggiungibile in caso di rimpatrio.
Quasi tutti gli altri paesi europei prevedono istituti simili. E’ comunque un’applicazione del dettato costituzionale (art. 10 Cost.)
La maggioranza di Governo ha provato ad eliminarne la previsione, violando palesemente il divieto di respingere o espellere una persona straniera se questo va contro i suoi “obblighi costituzionali o internazionali”.
Poi probabilmente si sono resi conto che una legge che tenta di derogare agli obblighi internazionali ed alla stessa Costituzione è vagamente a rischio di essere considerata incostituzionale, ed hanno abbandonato l’emendamento, pur mantenendo la ferma volontà (ed indicazione alle strutture decentrate) di arrivarne all’abolizione.
Ne risulta quindi che – come normale e giusto, fino a quando resteremo una democrazia non isolata – continueremo ad essere vincolati queste norme; e che chi con buone ragioni farà ricorso a fronte di un eventuale diniego, molto probabilmente lo vincerà in Tribunale. In tribunale però, e non direttamente in Commissione.
Conseguenze reali, insomma?
Quella di tormentare persone che già hanno dovuto affrontare viaggi allucinanti, costosi e spesso mortali, e che già sono state confinate in un eterno limbo di attesa per accedere all’avvio della procedura di richiesta della protezione internazionali (in questo momento i tempi di attesa per fare richiesta variano, a seconda delle questure, fra sei e nove mesi: e si attende ulteriormente a lungo il passaggio successivo, quello dell’audizione in Commissione Territoriale).
L’ingolfamento ulteriore del sistema giustizia, che si troverà nuovamente ad affrontare un enorme contenzioso derivante dalla “stretta” voluta dal governo.
Ovviamente con nessun effetto sulla quantità di esseri umani che continueranno a cercare di sbarcare sulle nostre coste (che, tra parentesi, salvo i casi di inespellibilità, non sono soggetti che possono usufruire della protezione speciale “per integrazione”), come dimostra il fatto che dopo l’emanazione del decreto gli sbarchi non sono diminuiti, ma aumentati.
E senza alcun esito “positivo” nemmeno per gli autoctoni. Non si vede quale sia il vantaggio per un autoctono o per lo Stato se una persona che sta qui non abbia il permesso di soggiorno, rimanendo marginizzato, invece che averlo e vivere lavorando, studiando, regolarmente.
Insomma, come da troppi anni a questa parte, molto fumo, continua persecuzione inutile di una parte della nostra popolazione, continui tentativi di forzare aggirare eludere la Costituzione, solo per marketing elettorale. Per truffare i cittadini elettori, in una parola.
P.s. il numero di permessi per protezione speciale nel 2022 in Italia ammonta a 10.506, ed in Governo dice che “sono troppi”. Il numero di persone di origine Ucraina accolte in UE nello stesso anno – senza procedura di asilo e senza che l’Unione sia crollata sotto l'”invasione” è di oltre quattro milioni.
Bastano forse questi due numeri per raccontare l’assurda e l’inutile crudeltà del Governo.
Tutti gli accordi internazionali sul clima sono stati sistematicamente disattesi e ci avviamo verso il collasso climatico. La politica ha pochissimo tempo per decidere i provvedimenti da attuare con urgenza per contenere la catastrofe. Di fronte a questa realtà, a nulla sono valsi gli appelli della comunità scientifica di tutto il mondo, a tutt’oggi inascoltati, e i report dell’IPCC.
Le richieste dei cittadini preoccupati si sono espresse attraverso marce, convegni, scioperi: tutto ciò non è bastato. Per questo, in tutta Europa si fanno sentire con azioni eclatanti, accompagnate da grande risonanza mediatica. E mentre nessuno di noi ormai ricorda, per esempio, i persecutori delle suffragette, ogni giorno beneficiamo degli effetti delle loro campagne di disobbedienza civile.
Alcuni nostri concittadini, alcuni nostri studenti, sono stati denunciati per associazione a delinquere per aver messo in atto azioni non violente e puramente dimostrative, che non hanno arrecato alcun danno a persone e cose.
Chiedevano lo STOP dei sussidi pubblici ai combustibili fossili, esattamente ciò che una rete di associazioni chiede in tutta Europa attraverso una serie di campagne di disobbedienza civile (A22), che ha iniziato a sortire effetti positivi – ad esempio In Olanda, dove è stato negato l’accesso ai jet privati all’aeroporto di Amsterdam Schiphol.
Di contro chi continua, con responsabilità politiche gravi, a ignorare l’emergenza climatica e ad approvare provvedimenti miopi o dannosi per il futuro di tutto il pianeta, non verrà mai indagato. Finanziare il fossile o autorizzare il consumo di suolo resta legale, ma è palesemente ingiusto. Mentre chiedere conto del futuro di tutti e tutte è giusto, ma ritenuto illegale.
Riteniamo che il capo di imputazione utilizzato nei confronti di queste ragazze e di questi ragazzi, e delle loro manifestazioni non violente, rappresenti un provvedimento intimidatorio che poco ha a che vedere con la tutela della collettività, tutela che invece andrebbe esercitata ponendo al centro delle scelte politiche ed amministrative il contrasto al cambiamento climatico attraverso una concreta svolta rispetto al modello economico e produttivo attualmente dominante.
Questa è la sfida che dobbiamo cogliere, senza farci intimidire dalla portata delle decisioni che sottende, decisioni che non possiamo ulteriormente rinviare.
L’acqua è fondamentale per tutti gli aspetti della vita: per la salute e benessere dell’uomo, per la produzione di energia e cibo, per mantenere l’equilibrio degli ecosistemi. Eppure l’acqua scarseggia ovunque e la siccità è ormai un problema strutturale: uno dei prezzi pagati al cambiamento climatico. E’ evidente che il problema non è causato esclusivamente dalla riduzione della pioggia o della neve degli ultimi anni. Il permanere delle elevate perdite idriche della rete di distribuzione con una media nazionale del 42,2% del volume immesso in rete (ISTAT 2022) causate dalla mancata manutenzione delle reti, dalla mancanza di controlli e dall’assenza di investimenti degli enti gestori, rendono obbligatorio effettuare piani di investimento per ridurre questi importanti sprechi e per ammodernare le reti.
Dobbiamo prepararci a una realtà nuova, caratterizzata anche da una riduzione della disponibilità idrica – l’attuale media annua è del 19% nell’ultimo trentennio rispetto al precedente (ISPRA, 2022) -e cambiare, anche ponendo rimedio agli errori del passato, per salvaguardare questa risorsa. Invece di intervenire sugli effetti si deve intervenire sulle cause, attraverso una strategia ad ampio raggio che dovrebbe avere al centro un adeguato Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, basato sulle più aggiornate conoscenze ed esperienze realizzate in Europa, utilizzando soluzioni basate sulla natura (Nature Based Solutions) per favorire una corretta ricarica delle falde, per creare aree di laminazione naturale, per favorire processi di auto-depurazione e per ridurre, in generale, la vulnerabilità del nostro territorio. Va anche ridotto il fabbisogno di acqua in agricoltura che utilizza oggi il 60% della risorsa di acqua disponibile, promuovendo l’agroecologia. Per ridurre la dipendenza dall’acqua della nostra agricoltura, andrebbero incentivate l’agricoltura biologica e le altre pratiche agricole che incrementano la sostanza organica nel suolo che trattiene l’acqua e privilegiare le colture che richiedono una ridotta irrigazione. Sarebbe necessario, inoltre, rivedere le concessioni idriche dando priorità agli usi idropotabili, all’agricoltura e all’ambiente, evitando, o riducendo drasticamente, utilizzi inopportuni di acqua (come ad esempio la produzione di neve artificiale). E ancora, riteniamo indispensabile ridurre il consumo di suolo che avanza ad un ritmo di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, avviando azioni di recupero e ripristino ambientale di aree urbanizzate in disuso. I nuovi invasi non risolveranno il problema: il proliferare di nuovi invasi e programmi d’intervento straordinari, dettati dall’emergenza, derogando dalla pianificazione ordinaria e dai suoi vincoli territoriali, rischia di peggiorare la situazione, aggravando il bilancio idrico complessivo degli ecosistemi e delle falde. Ma è proprio quello che sta facendo il governo che ha attivato una cabina di regia in vista del varo di un “Piano acqua” di contrasto alla siccità che è fondato su tre assi: la nomina di un Commissario Straordinario, norme di semplificazione e deroghe per accelerare i lavori, risorse economiche destinate alla creazione di invasi e dighe. Nuovamente una proposta di interventi decisamente non adeguati, tardivi e basati sulla logica che rincorre l’emergenza e investe sulle grandi opere senza neanche valutarne l’impatto ambientale. Si tratta di proposte superate, in continuità con le politiche degli ultimi decenni che tentano di ribaltare il risultato finale senza partire dalle cause. Sappiamo già a cosa hanno portato politiche di questo tipo.
Basterebbe rivedere la programmazione di importanti risorse del PNRR dando precise indicazioni sugli interventi prioritari da realizzare che garantiscano risultati ambientali basati su dati scientifici, largamente a disposizione sui rischi climatici del nostro territorio.
Sarà inoltre necessario coinvolgere la cittadinanza per spronarla a cambiare il modo di utilizzare questa importante risorsa: gli italiani sono campioni d’Europa di spreco (220 litri in media abitante al giorno).
Proprio in questi giorni è in corso la conferenza delle Nazioni Unite sull’acqua, prevista a New York dal 22 al 24 marzo, dove l’UE presenterà importanti impegni per il futuro: è necessario che anche l’Italia dia il segnale di un cambiamento sostanziale di approccio rispetto alle politiche ambientali.
[dal post di Marta Nalin]
Sta succedendo quello che sapevamo.
Articolo pubblicato in seguito alla conferenza stampa di Coalizione Civica, di sabato 18 marzo.
La città di Padova è stata finanziata nell’ambito del Programma Horizon2020 con il progetto Let’s Governance. Si tratta dei primi finanziamenti nell’ambito di Mission 100 Cities Carbon Neutral, che vede Padova tra le cento città europee che dovranno raggiungere la neutralità climatica nel 2030.
L’utilizzo di questi primi fondi da parte del Comune di Padova saranno finalizzati sulla promozione di Comunità Energetiche Rinnovabili sul territorio, la redazione di studi di fattibilità e l’attivazione di relazioni con i soggetti interessati.
Come Coalizione Civica per Padova crediamo fortemente nella creazione delle Comunità Energetiche Rinnovabili e siamo già da tempo impegnati per la loro promozione e diffusione sul territorio mediante incontri informativi tenuti in ogni quartiere.
Obiettivo di questo progetto è quello di favorire lo sviluppo di nuovi modelli di governance con lo scopo di coordinare visioni, attori, processi e progetti verso l’obiettivo condiviso della neutralità climatica, in particolare affrontare problemi comuni a tutte le città italiane individuate come città pilota, per fornire al termine del progetto un insieme di soluzioni già pronte e replicabili in altre città.
Nello specifico il Comune di Padova investirà questi fondi focalizzandosi sulla promozione di Comunità Energetiche Rinnovabili sul territorio, attraverso la gestione di campagne di comunicazione, la redazione di studi di fattibilità e l’attivazione di relazioni con gli stakeholders più significativi (distributori di energia, operatori, banche, etc.). Formalmente questo lavoro si tradurrà nell’effettiva realizzazione di almeno una comunità energetica a livello comunale.
Oltre al Comune di Padova il progetto comprende le altre 8 città italiane selezionate dalla Mission “Climate Neutral and Smart Cities”:Bologna; Milano; Roma; Torino; Firenze; Prato; Parma; Bergamo.
La consigliera Chiara Gallani, con delega alla neutralità climatica commenta: “Si tratta di finanziamenti che arrivano grazie al ruolo di Padova come città pilota della missione europea sulle città neutrali e grazie al lavoro di rete con le altre città che negli scorsi mesi abbiamo messo in campo. E’ il primo risultato concreto di un lavoro che ci vede impegnati da molto tempo e che è diventato una delle nostre sfide maggiori. Essere tra le cento città nominate dalla Commissione per essere neutrali al 2030 è una grande responsabilità e comporta un notevole impegno. In questo impegno però non manca il sostegno dell’Europa così come la sinergia e la condivisione con le altre città, italiane e non, coinvolte.”
L’assessore all’ambiente Andrea Ragona aggiunge: “Abbiamo deciso di puntare attraverso questo bando sulle comunità energetiche, tenendo conto che tra qualche mese sarà definita la cornice legislativa in merito. Potenziare le attività che noi facciamo sul tema energetico potrebbe tradursi anche nel potenziamento di strumenti per i cittadini per individuare nuove forme di sostegno ora che il Governo ha fatto venire meno la possibilità della cessione del credito e dello sconto in fattura per i bonus edilizi finalizzati all’efficientamento. In questo momento, con le altre città pilota in Italia, stiamo lavorando sull’elaborazione di strategie per raggiungere gli obiettivi richiesti, e questo primo finanziamento va in questa direzione.”
Altre notizie sul progetto Let’s Governance di Net Zero Cities
👉 https://www.padovanet.it/notizia/20230309/comunicato-stampa-140mila-euro-supportare-la-realizzazione-delle-comunit%C3%A0